La creatività è un elemento fondamentale del web marketing e della comunicazione digitale in generale: sono infatti i creativi che da sempre si occupano di realizzare campagne pubblicitarie sempre più coinvolgenti. Con l’affermarsi dei social media la creatività continua ad avere un ruolo di primo piano, anzi, si potrebbe dire che oggi è più importante che mai.
In questo articolo, quindi, ho deciso di trattare il tema dei content creators, ed in particolare degli influencers.
Quando parliamo di web marketing parliamo di “un insieme di strumenti applicati ad una strategia per far crescere gli obiettivi di business di un’azienda, primo fra tutti la vendita dei propri prodotti e/o servizi. Tramite il web marketing, infatti, è possibile individuare su quali canali investire tempo e risorse, capire quali sono le campagne di comunicazione da intraprendere per trasformare i propri utenti in clienti fidelizzati, e tanto altro ancora. È difficile fornire una definizione univoca di cosa è il web marketing, ma è certo che aziende e professionisti non possano trascurarlo, perché Internet è entrato a pieno nelle nostre vite, prepotentemente. È chiaro che i social network hanno giocato un ruolo fondamentale in questo cambiamento complesso e considerevole”[1].
Il web, anno dopo anno, diventa un terreno sempre più interattivo composto da nuove piattaforme e nuove tipologie di contenuti. E nel web sono i social media a rappresentare sempre di più il terreno fertile su cui muoversi, sia per costruire il proprio personal brand sia per pubblicare contenuti che mirano a costruire una community fedele. I social hanno finito, quindi, per dare vita a tanti nuovi lavori, uno di questi è sicuramente la professione del content creator.
Il content creator è la mente creativa dietro ai progetti di comunicazione online che deve studiare, progettare e realizzare dei contenuti idonei ed efficaci da promuovere sul web. Oggi, sul web comunichiamo con diversi contenuti multimediali e con diverse modalità. Tutto dipende dalla piattaforma che utilizziamo: che questa sia Facebook, YouTube, Instagram, Twitch o Tik Tok. Va da sé che, quindi, il content creator deve possedere un mix di soft e hard skills: deve avere ottime capacità di scrittura (in gergo copywriting); saper attingere alla propria creatività in qualsiasi momento; saper mettere a punto un progetto di comunicazione che sia in linea con gli obiettivi del cliente o della propria attività, nonché con il mercato di riferimento, con il target e con le specifiche di ogni singolo contenuto; riuscire ad ideare, definire e creare prodotti multimediali vari tra loro. Il content creator, perciò, deve saper realizzare materialmente i contenuti e non solo pensarli, deve riuscire a coordinare il proprio impegno con quello di editor, webmaster, grafici, videomaker, e con ogni figura che è incaricata alla realizzazione di contenuti multimediali. E’ perciò possibile dire che il content creator è l’artista del web. Che produca video, fotografie oppure scriva blog, la sua principale caratteristica è quella di creare dei contenuti. Inoltre, rappresenta una figura ibrida in grado di copre molteplici ruoli, come quello del social media manager e dell’imprenditore digitale e, a volte, anche quello dell’influencer.
L’influencer “è colui o colei che ha capacità di influenzare con le proprie opinioni elargite sul web e sui social media, le decisioni e i comportamenti della propria community, o, più generalmente, delle persone”[2]. Gli influencer sono persone che, quindi, sono riuscite a diventare influenti in una specifica nicchia di mercato: dal beauty al fashion, dal gaming al travel, dall’arte alla musica e tanto altro ancora.
A differenza del content creator, però, gli influencer sono protagonisti in primo piano della propria comunicazione. Ci mettono la faccia, in tutti i sensi. Ed è proprio questo aspetto umano e intimo che diventa il pregio fondamentale della collaborazione con un influencer.
Questa figura si differenzia, inoltre, da quella del testimonial poiché quest’ultimo si affianca ad un brand o a un prodotto senza per forza condividerne i valori, mentre l’influencer deve essere disposto a veicolare i messaggi di marche in linea con il suo profilo, che promuovono cioè valori che condivide, in modo tale da non tradire la fiducia riposta in lui o lei da parte della sua community di riferimento conquistata e costruita nel tempo attraverso la veicolazione di messaggi e contenuti autentici, coerenti e sinceri.
Gli influencer sono il perno centrale attorno al quale ruota l’influencer marketing. L’influecer marketing è definibile come “l’insieme di quelle campagne atte a creare una relazione tra un brand, un influencer e la sua community di riferimento. [..] L’influencer, in questa dinamica, è il tramite, colui che racconta, che media e trasporta , facendosene carico, in modo autentico e professionale, l’universo valoriale del brand. [..] Il cuore dell’influencer marketiing sta nel costruire una relazione solida tale da garantire la creazione di un reciproco valore”[3]. L’inflencer marketing è, quindi, una delle strategie utilizzate per potenziare la presenza del brand sui social media con lo scopo di fari entrare in contatto e in relazione le aziende con cerchie di persone del loro target. L’’influencer, in cambio di un compenso monetario, prodotti omaggio o altre forme di retribuzione, non offre solo visibilità sui social network a prodotti o servizi in vendita, ma è uno strumento di comunicazione autentica ed umana che passa attraverso il racconto delle storie di vita e la narrazione di contenuti da parte di persone “influenti” sul mercato on line. L’influencer marketing è considerabile, quindi, come l’evoluzione digitale del referral marketing, il vecchio passaparola: nel corso degli ultimi anni, infatti, le persone tendono a fidarsi sempre meno della pubblicità tradizionale, preferendo le testimonianze e i consigli di amici, familiari o personalità ritenute esperte, influenti e imparziali. Al contrario dei classici banner pubblicitari o delle campagne di marketing tradizionali, le persone tendono a percepire le raccomandazioni degli influencer come imparziali e sincere perché si fidano dei loro consigli. Uno degli aspetti più straordinari dell’influencer marketing è il numero e la varietà incredibile di persone che possono essere coinvolte da una stessa azienda per portare avanti la propria strategia di comunicazione.
Gli influencer provengono da ogni Paese del mondo e coprono ogni area d’interesse e di mercato: dai personal trainer che condividono i loro allenamenti, alle fashion blogger che esibiscono il loro outfit, dai designer che mostrano il loro portfolio online, ai fotografi di viaggio, dagli chef che pubblicano le loro ricette a coloro che assaggiano i piatti di ristoranti e fast food del mondo, e tanto altro ancora. Esiste una differenza tra persone influenti e influencer, poiché il ruolo di questi ultimi non è solo associabile ai numeri, dal numero di like che ottengono o quelli dei loro follower. L’influencer, infatti, “deve distinguersi per alcuni elementi imprescindibili, quali reputazione, esperienza, competenza, passione e professionalità nel settore in cui opera. Non ci si può improvvisare”[4].
Quello dell’influencer è un lavoro a tutti gli effetti, in via di inquadramento giuslavoristico come previsto dal DDL Concorrenza del 2 agosto, con significative opportunità di reddito e di creazione di consenso.
I percorsi per iniziare sono diversi, a volte casuali, spesso imprevedibili e misteriosi, almeno tanto quanto gli algoritmi delle piattaforme che ne determinano il successo”[5].
“Ecco alcune caratteristiche che ci possono aiutare a riconoscere un vero influencer:
- ha una strategia di contenuti che si rivela in uno stile autentico e riconoscibile;
- non deve necessariamente essere un personaggio noto, ma deve aver fatto della sua passione un lavoro, comunicato in modo professionale. Può anche accadere che un influencer diventi poi una celebrity;
- ha una strategia di posizionamento sui social che presidia e sa come sfruttare al meglio i propri canali durante le collaborazioni con i brand;
- gode di una reputazione guadagnata nel tempo, diventando una voce autorevole nel settore che gli compete;
- ha forti capacità relazionali, on line e off line;
- genera empatia in ogni suo atto comunicazionale;
- spesso, ma non è una regola, si avvale di un team di professionisti che sa agire in modo tempestivo nella creazione di contenuti e nella presenza dei canali social”[6].
Se è vero da un lato, quindi, che per diventare influencer non si dovrebbe studiare perché quella di influenzare dovrebbe essere una caratteristica empatica innata, dall’altra parte ci sono delle competenze su cui è possibile lavorare come: la pazienza e tenacia per la costruzione della reputazione; uno spirito di intraprendenza e dinamicità; la capacità ed un approccio commerciale e finanziario per trattare con clienti, fornitori e collaboratori; una conoscenza approfondita ed aggiornata sui temi e le tendenze in cui si opera.
Certamente non basta una lista per riassumere tutto il lavoro necessario per diventare un influencer, ma posso tentare di riportare alcune delle questioni principali per avviare una carriera come imprenditori o imprenditrici digitali:
- “Capire attraverso la ricerca qual è lo stato dell’arte del settore in cui si opera. Chi sono i principali attori, come si comportano e che stile comunicativo hanno.
- Definire qual è il nostro target group di riferimento capendo come si comportano i nostri interlocutori, quali piattaforme social prediligono e quale tipo di contenuti apprezzano maggiormente.
- Definire gli investimenti da fare destinando un budget alle attività e alle figure professionali necessarie per la creazione di contenuti.
- Capire di che tipo di collaborazioni abbiamo bisogno. Che attività possiamo delegare e quali sono le figure professionali maggiormente adatte al nostro caso.
- Intercettare i possibili clienti e sapersi relazionare con loro in ogni tipo di situazione. Capire come proporsi, come intercettare il loro interesse, capire se possiamo fornire servizi in esclusiva, se accettiamo la possibilità di collaborazioni win-win, se vogliamo avere come clienti molte piccole realtà o se preferiamo invece avere pochi clienti top brand.
- Essere consapevoli di se stessi e del proprio business, avendo chiari quali sono i propri punti di forza e quali quelli di debolezza, sapere qual è il valore del posizionamento che si ha sul mercato in cui si vuole operare, quanto si è disposti a condividere della propria sfera privata sui social media e con che attitudine intendiamo approcciare i commenti positivi e quelli negativi”[7].
Il mondo dei creatori di contenuti digitali è un motore ad alto impatto sociale, economico e, non da ultimo, politico, in cui coesistono il nano tiktoker, vicino di casa, e l’ubiqua celebrity Chiara Ferragni.
“Continua ad essere un fenomeno “giovane” quello dei creator (oltre il 60% è under 30). Un trend spiegabile con la maggior consapevolezza di utilizzo dei media digitali, accentuati in questo anno dalle esplosioni di canali nuovi e fortemente orientati ai più giovani come TikTok e Twitch.
Resta comunque una forte presenza anche del cluster 30-40, figli della prima digitalizzazione”[8].
Per capire meglio chi sono e qual è il valore degli influencer, è possibile suddividerli in cinque macrocategorie: nano; micro; mid; macro; mega o celebrità. Vediamole nel dettaglio per ciascuna categoria, insieme al tasso di engagement influencer medio, ovvero il rapporto tra il numero di interazioni e quello degli utenti che hanno visualizzato un contenuto:
- Nano-influencer: i nano-influencer hanno tra i 1.000 e i 5.000 follower. Sono persone comuni che hanno saputo costruirsi un discreto seguito di utenti leali e fortemente coinvolti. Fare l’influencer non è il loro lavoro principale. Secondo Hype Auditor, hanno un tasso di engagement medio del 5%, superiore a ogni altra categoria.
- Micro-influencer: i micro-influencer hanno tra i 5.000 e i 20.000 follower. Interagiscono attivamente con i loro seguaci e sono ritenuti esperti affidabili e imparziali della nicchia di mercato in cui operano. Hanno un tasso di engagement medio del 1,7%.
- Mid-influencer: i mid-influencer hanno tra i 20.000 e i 100.000 follower. Il loro pubblico, pur essendo vasto, è fidelizzato e ben definito in termini di gusti e interessi. Hanno un tasso di engagement medio del 1,4%.
- Macro-influencer: i macro-influencer hanno tra i 100.000 e 1 milione di follower. Sono persone affermate che collaborano attivamente con brand che cercano influencer per la promozione di prodotti. Hanno un tasso di engagement medio del 1,3%.
- Mega-influencer e/o celebrità: in questa categoria rientrano tutti gli influencer che hanno oltre 1 milione di follower. Si tratta di personaggi famosi e celebrità, generalmente arruolabili da brand e aziende con un budget importante da dedicare all’influencer marketing.
Ecco un grafico che riassume i tassi di engagement influencer suddivisi per categoria[9]:
[1] https://www.ninjacademy.it/web-marketing-cose-a-cosa-serve-e-come-diventare-un-esperto/
[2] Bellini C., Carriero C. (2022), Influencer marketing. Valorizzare il brand con la content creation e le relazioni, Hoepli
[3] Ibidem
[4] Bellini C., Carriero C. (2022), Influencer marketing. Valorizzare il brand con la content creation e le relazioni, Hoepli
[5] https://www.varesenews.it/2022/09/dai-balletti-gli-stiker-ai-giovani-imprenditori-del-porno-creatori-contenuti-digitali-influencer-guadagnano-sempre-piu/1494703/
[6] Bellini C., Carriero C. (2022), Influencer marketing. Valorizzare il brand con la content creation e le relazioni, Hoepli
[7] Ibidem
[8] ONIM (Osservatorio Nazionale Influencer Marketing), Influencer Marketing Report 2020
[9] https://www.shopify.com/it/blog/influencer-marketing-instagram-guida
“Un mercato ormai di professionisti quello dei creator e che necessità assolutamente di budget per le attività. Crescono dal 16,5% del 2019 al 34,3% odierno gli influencer che richiedono una retribuzione per la propria attività”[1].
La spesa globale per le campagne e le azioni di influencer marketing è aumentata in modo esponenziale negli ultimi anni. “Secondo uno studio di Marketing Hub, il numero di aziende che sfrutta l’influencer marketing è cresciuto del 26% nel 2021. Inoltre, secondo report di quest’anno, l’industria dell’influencer marketing è destinata a crescere fino a 16,4 miliardi di dollari nel 2022”[2]. Lo stesso report dimostra che “le piattaforme focalizzate sull’influencer marketing hanno raccolto più di 800 milioni di dollari di finanziamenti solo nel 2021”[3]. Tutto questo a dimostrazione del fatto che “l’influencer marketing continuerà a crescere, diventando uno dei principali strumenti di marketing per i prossimi anni a venire. Ecco alcuni dei vantaggi dell’influencer marketing”[4].
La portata del fenomeno degli influencer nel nostro Paese ha fatto in modo che si creasse, l’Onim (Osservatorio Nazionale sull’Influencer Marketing)[5]. L’idea è nata da un’intuizione di Matteo Pogliani e consiste un’associazione senza fini di lucro, aperto a tutti gli stakeholder che operano nel settore dell’Influencer Marketing che con le sue attività si prefigge di informare ed educare sul tema, rendendo migliore l’approccio e l’utilizzo dell’Influencer Marketing per tutti gli attori coinvolti (influencer, agenzie, brand, software house, marketplace).
L’importanza del tema degli influencer non è legata al solo impatto quantitativo in termini economici, bensì al loro ruolo sulla vita delle persone. I social, infatti, sono ormai parte integrante delle nostre vite, ed attraversando diversi ambiti: dalla musica al cinema, passando per serie TV, moda, bellezza, cibo, informazione, arte, etc.
La piattaforma Social Media List certifica l’esistenza di oltre 250 social network nel mondo[6]. La rappresentazione geografica che riportiamo, realizzata da Vincenzo Cosenza grazie ai dati provenienti dalla ricerca di Alexa e SimilarWeb, ricostruisce la panoramica di utilizzo dei social nel mondo.
[1] ONIM (Osservatorio Nazionale Influencer Marketing), Influencer Marketing Report 2020
[2] Ibidem
[3] Ibidem
[4] Ibidem
[5] https://www.onim.it/
[6] https://socialmedialist.org/
“L’infografica ci mostra il primeggiare incontrastato di Facebook, presente in 153 Paesi dei 169 totali presi in esame, raggiungendo un livello di presenza globale pari al 92%. I social di casa Zuckerberg, sia Facebook che Instagram, sono vietati in Cina, [..] motivo per cui QZone è così utilizzato in quest’area”[1]
I social network di influencer marketing più popolari sono: Instagram; YouTube; TikTok; Facebook; Blog o siti web; Twitter; Twitch; Snapchat. Occorre avere ben chiaro su quale, o quali, social media puntare[2]. Ogni piattaforma social, infatti, ha le proprie dinamiche di funzionamento tecnico e di approccio cognitivo da parte degli utenti molto diverse. Conoscere i social media significa anche selezionare il mezzo che ottempera appieno alla strategia dei contenuti che vogliamo implementare.
“Instagram, anche nel 2021, si conferma il principale canale per attività con creator e influencer, staccando le altre piattaforme in modo netto. Mantiene un utilizzo ampio anche Facebook, nonostante la minor attività e centralità degli influencer. Sale ampiamente come preventivabile TikTok, piattaforma capace di valorizzare l’attività dei creator e, quindi, le collaborazioni con i brand. Numeri minori ma comunque importanti per YouTube e Twitch, canali estremamente idonei e performanti lato IM, ma più complessi da utilizzare sia dal punto di vista progettuale che, soprattutto, da quello del budget”[3].
Quali saranno le direzioni che prenderanno la content creation e l’influencer marketing?
Il primis, possiamo dire che nel futuro ciò che vivremo maggiormente sarà il metaverso. Alcuni influencer sono già traghettati in questo nuovo mondo: “Tra i 10 creators italiani ci sono Fjona Cakalli, ideatrice di Games Princess, il primo sito italiano dedicato ai videogiochi gestito esclusivamente da ragazze; Aya Mohamed e Sumaia Saiboub, provenienti dal mondo della moda, che raccontano la loro visione con un forte senso di identità culturale; Eugenia Longo, che esprime la propria creatività nel segno della self-acceptance. Ci sono anche le food creator Cibosupersonico, esperienze culinarie a base di piatti sani; Chiara’s Cakery, che ha fatto della pasticceria la sua missione. Dal mondo lifestyle, c’è Macy Fancy, uno sguardo sulla black beauty. E, ancora, la campionessa di nuoto paralimpica Arianna Talamona e l’artista Francesco Spedicato”[4].
In secondo luogo c’è chi sostiene che saranno i dipendenti delle stesse aziende a rappresentare i nuovi “people-storytelling”, ovvero, “più personalità provenienti da settori interni con mansioni differenti [diventeraano] ambassador dell’azienda per cui lavorano”[5]. I brand, infatti, stanno cercando di abbattere sempre di più il muro che li separa dai loro interlocutori. Con questo scopo si stanno via via spogliando, sempre più, di tutte le tecniche che vengono percepite come invasive o strumentali, finendo per prediligere canali umani ed autentici. E’ in questo senso, perciò che possiamo dire che nel prossimo futuro la comunicazione aziendale diventerà un atto di fiera appartenenza, che per questo motivo andrà coltivato e curato.
Per completare l’analisi del tema dell’articolo abbiamo intervistato per voi tre influencer attivi in diversi settori creativi:
Ivan Cottini, ballerino
Meriem Delacroix, pittrice
Giulia Gambini, modella
In che modo ti reputi un creativo?
Ivan Cottini: “Io mi reputo un grande creativo perché nel momento in cui mi sono ammalato e ho iniziato a perdere l’uso del mio corpo ho avuto la capacità di reinventarmi e soffermarmi sulle quelle parti buone e da lì ripartire e tornare a sognare, ma soprattutto essere protagonista e regista della mia vita, senza rimanere seduto a fare il malato, a commiserarmi ogni giorno del perché proprio a me o ad avercela con il mondo”.
Meriem Delacroix: “Sono sempre stata una creativa a modo mio, fin da piccola non mi esprimevo a parole ma a colori, e questa naturale caratteristica e diversa sensibilità è diventata nel tempo il mio lavoro, rappresentando il mondo che vedo io, difficile da vedere per gli altri. Sono una persona neurodivergente, nel bene e nel male, e questo desta sicuramente curiosità negli altri”.
Giulia Gambini: “Sono creativa nel modo di creare i contenuti: cerco sempre di crearne di interessanti, o che possano essere utili alla mia community, mi piace proporre un’immagine di me colorata e allegra!”.
Qual è il tuo talento? E come lo proponi sui social?
Ivan Cottini: “Io non so se sono davvero un talento. Quello che so è che la vita, perché è proprio così bella, mi ha fatto scoprire la danza, che prima non conoscevo, nel momento in cui ero sulla sedia a rotelle e, quindi, quando ero già malato e avevo già perso l‘uso di alcune parti del mio corpo. Tramite essa ho scoperto due cose importanti: la prima è che potevo prendere a calci questa malattia che vuole tanto tenermi seduto; e la seconda è che posso stare bene psicologicamente, e se tu stai bene nella testa puoi affrontare qualsiasi sfida che la vita ti mette davanti. Ora sono ormai undici anni che racconto sui social questa mia seconda vita da malato e ballerino. Lo faccio per motivare e per essere uno stimolo per tante persone che vivono la disabilità o il proprio stato di malattia rimanendo seduti ad osservare il mondo che gli passa davanti”.
Meriem Delacroix: “Sono una pittrice affetta da una condizione neurologica che si chiama “sinestesia” e che influenza il mio modo di percepire il mondo: i miei sensi sono “fusi” tra loro, significa che quando sento un suono, vedo un colore, oppure quando sento un profumo, ne riesco a toccare la consistenza. Ciò che faccio è di imprimere le sensazioni visive su tela, come il colore della musica o il colore dei sapori.
I social sono importantissimi poiché facendo arte visuale, sono il canale migliore per poter unire l’arte visiva alla sua descrizione. In contemporanea li uso anche per diffondere un po’ di consapevolezza sulle differenze delle altre persone e di empatia in generale”.
Giulia Gambini: “Ho il talento di trasmettere messaggi di positività grazie al mio vissuto e al mio sorriso, con il quale cerco di promuovere la consapevolezza riguardante la nevralgia trigeminale, patologia neurologica di cui si parla ancora troppo poco”.
Cosa significa per te essere un influencer?
Ivan Cottini: “E’ molto stimolante perché, da una parte, mi dà tante responsabilità, ma dall’altra mi dà anche tante soddisfazioni. Sono, infatti, tantissime le persone che ad oggi mi seguono e che mi hanno emulato, tornando a sorridere e, soprattutto, a non vivere più da malati anche se hanno una disabilità o una malattia. Tramite me hanno visto, infatti, che tutto si può e che non è come lo fai l’importante, ma cosa ti dona e ti lascia dentro quello che fai”.
Meriem Delacroix: “Divulgare, informare e fare un po’ sognare attraverso l’arte. È incredibile il calore che si riceve da persone totalmente estranee, quando si ha una connessione su un certo argomento. È anche importante soppesare quello che si dice e come lo si dice, da una parte si rischia di essere mal interpretati, dall’altra si rischia di ricevere qualche critica. È un lavoro come un altro con le proprie caratteristiche”.
Giulia Gambini: “Se sono un influencer posso solo dire grazie alla mia community che mi vuole bene, il loro affetto arriva dritto al cuore! Per me essere influencer vuol dire trasmettere messaggi positivi di amore e cura verso se stessi e il proprio corpo!”
Quali sono gli aspetti positivi di essere un influencer e quali, invece, quelli negativi?
Ivan Cottini: “L’essere un influencer ti espone a tutto, sia a cose positive che negative.
Io il più delle volte mi soffermo sulle persone che mi criticano o insultano, perché alla fine sono un comunicatore e forse alcune volte sbaglio come mi pongo o come mi mostro sui social. Trovo molto interessante un confronto civile, anche se il più delle volte sono insulti di persone che vedono ciò che faccio solo come strumento per mettere in mostra la malattia e farci i soldi, lucrarci insomma, piuttosto che vedere il senso positivo che lascio alle persone che mi vedono”.
Meriem Delacroix: “Gli aspetti positivi sono l’amore e il supporto virtuale che si riceve ogni giorno da migliaia di persone, la possibilità di comunicare ad un vasto pubblico e il lavoro che spesso può avvenire ovunque: a casa, durante il viaggio e anche in vacanza. È bello poter creare costantemente contenuti e chiedere direttamente e in tempo reale il parere delle persone.
Quelli negativi per me sono davvero pochi e li riscontro più che altro relativamente all’opinione di alcune persone che ti dicono che, se non ti spacchi la schiena in miniera tutto il giorno, allora il tuo non è un vero lavoro. A queste persone dico che i lavori sono innumerevoli, dalla miniera all’ufficio, dal ricevimento in hotel al manovrare una nave o cantare su un palco, e nessuno è migliore di un altro finché ci saranno utenti e pubblico che ne usufruiscono. Sono solo visioni diverse e forse un po’ estremizzate da un pensiero che non comprendo.
Giulia Gambini: “Aspetti positivi: non mi sento mai sola, c’è sempre chi mi appoggia e anche condividere gli aspetti più veri della vita come le lacrime o i momenti no, aiuta a non sentirsi soli!
Aspetti negativi: con i followers aumentano anche gli haters, bisogna farsi scivolare la negatività addosso!”.
Come hai fatto a diventare un influencer?
Ivan Cottini: “Tutto è nato per caso. Io undici anni fa’ mi sono affacciato sui social non vergognandomi i quello che stavo affrontando, che era la malattia che mutava il mio corpo. Ho cominciato a raccontare come Ivan, giorno dopo giorno, affronta la malattia e la sorte di questa vita. E, giorno dopo giorno ,tante persone si sono appassionate alla mia storia e hanno cominciato a seguirmi sui social. Ma non solo persone che hanno una disabilità o una malattia. Penso, infatti, che il novanta per cento delle persone che mi seguono sono persone che stanno bene, ma che vedono in me una fonte positiva che ogni giorno, attraverso quello che pubblico, dona loro emozioni e positività per affrontare le proprie giornate”.
Meriem Delacroix: “È stato totalmente casuale e non cercato. Nel tempo ho creato il mio profilo instagram in cui mettevo le tipiche foto “instagrammabili”, dopodiché ho deciso di far vedere alle persone il mio lavoro, ho quindi iniziato a pubblicare i miei quadri, le mostre e tutto il resto, da qui il pubblico si è “selezionato” in ambito artistico ed eccomi qui, una pittrice che è anche influencer”.
Giulia Gambini: “Lo sono diventata parlando di me agli altri e condividendo la mia storia, ognuno di noi ha una storia alle spalle e raccontarla spesso può aiutare anche altre persone, perché la condivisione aiuta sempre!”.
Come riesci a monetizzare in quanto influencer?
Ivan Cottini: “Una mia grossa pecca è che io non monetizzo i risultati raggiunti con Instagram. Anzi, ci dedico anche pochissimo tempo, giusto venti minuti o un quarto d’ora al giorno in cui pubblico una o due storie dove racconto brevemente la mia giornata e basta.
Trovo che oggi come oggi si sia perso moltissimo il vero senso dell’uso che dovevamo fare dei social. Io mi ricordo i primi tempi, undici anni fa’, quando con tante persone disabili o malati ci si confrontava o ci si chiedeva consigli e ci si univa per le battaglie sui diritti dei malati, sulle barriere architettoniche. Avendo io visibilità televisiva, mi chiedevano di portare certe tematiche in televisione. Questo undici anni fa’. Oggi, invece, si è tutti contro tutti, ed anche noi disabili non facciamo più gioco di squadra, sui social vogliamo soltanto apparire ed ognuno andare per la sua strada. Quindi, secondo me, abbiamo perso l’obiettivo al quale servivano i social”.
Meriem Delacroix: “Non pensavo che con Instagram avrei avuto un riscontro di questo tipo, all’inizio. In realtà moltissima gente usa questo canale non solo per guardare post di amici e reel divertenti, ma anche per ricercare “affari” e così via, arte compresa. Una buona parte delle persone che acquistano i miei quadri o che partecipa alle mie mostre, viene anche da instagram”.
Giulia Gambini: “Grazie alle sponsorizzazioni, anche se per me è una passione più che un lavoro e soprattutto lo faccio per trasmettere messaggi positivi più che per interessi economici”.