Ci sono bambini che sognano di fare da grandi gli astronauti. Bambine che desiderano diventare ballerine. Io, all’età di otto anni, ero certa che avrei intrapreso la carriera da Pubblico Ministero.
Sono sempre stata considerata una “strana”, “wierd” come si dice in inglese, per il mio modo di comportarmi, parlare e relazionarmi, che veniva vissuto da quasi ogni persona come “diverso”. E questo, per molto tempo, è stato un serio problema, non solo per me, ma anche e soprattutto per chi mi amava. La sofferenza dovuta alla sensazione di non essere accettata, però, non mi ha mai portato a voler scendere a compromessi, a sperare di poter cambiare la mia natura, o a desiderare di plasmare me stessa secondo le regole e le convenzioni che la società riteneva giuste e migliori. Al contrario, col passare degli anni ho iniziato a sentire l’esigenza dentro di me di portare avanti i miei sogni, i miei veri desideri, valori e principi. Sempre coerente con ciò in cui credevo, non sono mai riuscita a smussare gli angoli, ad accettare situazioni per quieto vivere. Ho fatte mie, cause e lotte in cui ho sempre scelto di metterci la faccia, di lottare in prima linea, in modo da mettere in pratica, nel mio piccolo, l’insegnamento del grande Maestro Mahatma Gandhi: “Sii il cambiamento che vuoi vedere nel mondo”. Ricordo che l’apice dell’impegno attivo per la ricerca di una giustizia sociale nel mondo, lo raggiunsi nel periodo in cui frequentavo le scuole superiori. In quegli anni, oltre a confrontarmi con persone di tutte le età, etnie e provenienze sociali, amavo passare ore ed ore a leggere e scrivere. Fu così che ebbi la fortuna di imbattermi nel libro del 1999 di Erica Jong “Cosa vogliono le donne. Potere, sesso, pane e rose”, in cui la celebre autrice affronta il tema della posizione e del ruolo della donna nella società contemporanea, attraverso il racconto di aneddoti autobiografici, ritratti di personaggi, reali e letterari, ed episodi di cronaca riuniti ad illustrare temi come la maternità, il sesso, il potere, i mass media, le difficoltà di essere donna e scrittrice, l’Italia e gli italiani, il senso e i limiti della chirurgia plastica. Quello della scrittrice, rappresenta un vero viaggio dissacrante e anticonformista nell’universo femminile dei nostri giorni alla scoperta delle donne di oggi: chi sono, cosa vogliono e soprattutto cosa non vogliono! Grazie a questo libro e a molti altri che hanno segnato la storia del pensiero femminista, ho iniziato a ragionare su quelli che sono i desideri ed i sogni indotti dalla società, soprattutto per noi donne del mondo occidentale. La storia ha da sempre sottovalutato o ignorato noi donne. E quello che di noi è stato raccontato ha dovuto subire la selezione dello sguardo maschile. L’immagine che è stata data da parte dell’industria culturale, dei mass media e dei talk show, della moda e dello spettacolo, mostra quella che potremo definire il tipo ideale di donna imposta dalla società: giovane, leggera, madre, moglie, bella secondo alcuni standard predefiniti. In contrasto con questa immagine di donna spensierata, esiste quella protagonista delle notizie di cronaca. Una vittima di stupri e di violenze domestice; citata per temi quali l’aborto, l’utero in affitto e la prostituzione; coinvolta in problemi sociali quali l’anoressia, le mutilazioni genitali nel terzo mondo, etc..
Da qualche tempo, però, le ombre su quale possa essere il posto delle donne nel mondo, si sono via via diradate e si moltiplicano i libri scritti da donne sulle donne: intellettuali, scienziate, artiste, sportive, scrittrici e poetesse, donne ribelli, abili politiche, professioniste ed imprenditrici. Esistenze che ricompongono un mosaico di un universo femminile, comunque ancora poco conosciuto, assemblato con approcci diversi, punti di vista differenti, ma sempre attento a far conoscere talenti e sapienze troppo a lungo circondati dal silenzio.
Scrivendo questo penso a Lucia Votano, che tra il 2009 e il 2012 è stata la prima donna a dirigere i laboratori del Gran Sasso dell’Istituto nazionale di Fisica nucleare, che lavora in luoghi estremi come i ghiacciai polari o profondità marine, per portare avanti lo studio sui neutrini. O alle sorelle Irene, Ina e Anna Napoli, che in provincia di Palermo gestiscono una grande azienda agricola e stanno resistendo alla mafia che vorrebbe togliere loro la terra. Oppure, alla direttrice generale di Smart Dubai, Aisha Bin Bishr, che prevede la completa digitalizzazione della burocrazia entro il 2021 e che dichiara: “Se non affronto nuove sfide mi annoio”. Questi sono solo alcuni esempi di donne di oggi, coraggiose, impegnate, che contribuiscono al progresso della società. Ma in Italia di loro non si parla, o comunque se ne parla troppo poco. Sui media, infatti, dovrebbe emergere una rappresentazione della donna in grado di cambiare il mondo grazie alla propria passione, al proprio talento ed alla propria attività. La dicotomia bella-donna che fino ad ora è stata fonte di angoscia, deve riuscire a far posto ad un’immagine positiva, unico antidoto allo stato di cose. Molte ragazze oggi, dovrebbero poter aspirare, non solo alla copertina di una rivista di moda o ad ottenere ruoli centrati sul bell’aspetto, ma a rivendicare la prima pagina del Time, così come è stato per il fisico Fabiola Gianotti nel 2012.
Cenerentola cantava: “I sogni son desideri”. E noi bambine cresciamo così, con l’idea di dover diventare brave principesse, in attesa del nostro principe che verrà a salvarci. E a quel punto per noi la storia finisce con il suo “The End”. Ma questa è solo una favola che ci hanno solo raccontato. Non è, e non deve per forza essere, la nostra realtà.
Il Red Carpet di uno dei più famosi eventi internazionali: la Festa del Cinema di Roma.
Anche questo è un desiderio comune a molte donne e molti uomini. La verità è che non era un sogno per me. Almeno non lo era prima di fondare la PoT Agency, prima di essere stata invitata a sfilare sul famosissimo tappeto rosso dall’amico e cliente dell’agenzia, il produttore bolognese Paolo Maria Spina. Poi, nei giorni dedicati ai preparativi per il grande evento, ho compreso l’importanza dell’opportunità che mi veniva data: mostrare tutto il lavoro, lo sforzo, l’impegno ed il talento che c’è dietro le quinte della preparazione anche solo di un singolo evento. La possibilità di arrivare ad un pubblico vasto e raccontare della mission che l’agenzia persegue, del modo innovativo in cui lo facciamo e dei valori che sono alla base del nostro metodo di lavoro.
A volte i sogni arrivano senza che siamo noi a controllarli. A volte sono loro a parlarci, per farci capire qualcosa che il nostro subconscio ha solo percepito, ma di cui, forse, non eravamo ancora pronti ad accettare.
Per accettare, ad esempio, che anche una donna impegnata, attiva e femminista possa essere invitata alla Festa del Cinema di Roma e sfilare sul suo Red Carpet. E che proprio in quell’istante, nell’abito, nel make-up, nei capelli, nelle unghie, e negli accessori, possa racchiudersi un desiderio in parte raggiunto. Perché il mio sogno era quello di creare un “luogo” in cui le persone potessero collaborare insieme, ognuno col proprio talento, la propria passione e professionalità, per migliorare il settore creativo Made in Italy.
Ed io ho creato la PoT Agency.
Elisa Badiali
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