Dopo gli anni segnati dalle restrizioni a causa delle disposizioni preventive contro il diffondersi del Corona Virus, l’estate 2022 è trascorsa all’insegna del ritorno dei giovani e dei meno giovani della voglia di ballare e di cantare tutti e tutte insieme. Il ritorno degli eventi off line ha giovato, in particolare, ad uno dei settori maggiormente penalizzato, ovvero quello della musica dal vivo e dell’intrattenimento.

Un settore davvero importante quello di cui stiamo parlando, come descrivono i dati (che come accade spesso nelle attività culturali non sono immediatamente ricavabili dalle informazioni statistiche standard ma devono essere ricostruite ad hoc), i quali stimano un totale di circa 72mila addetti alle imprese (0,4% degli addetti nazionali) a fronte di un valore aggiunto di 2,3 miliardi di euro (0,3% del totale nazionale)[1] per un impatto totale di circa 3,4 miliardi di euro[2], ovvero  il 16% del PIL come descritto nel report “Io sono cultura” di Symbola riferito al 2017[3]. Da tener conto, inoltre, ci sono i numeri che rappresentano l’indotto dei concerti e soprattutto dai festival sui territori in cui essi vengono realizzati. Potremmo fare di questo diversi esempi, come il caso dei 36,5 milioni di euro che il Firenze Rocks 2019, ad esempio, aveva portato, nonché i suoi 15.500 spettatori i quali, già che c’erano, visitarono almeno un museo o altro luogo di cultura. Oppure dalla ricaduta economica sul territorio di 32 milioni di euro generata dalle ultime edizioni di Movement Torino Music Festival e Kappa FuturFestival. O anche l’indotto di 500 milioni di euro ottenuto grazie all’incremento di incassi e di pubblico (+8,56% delle presenze sul 2018) che aveva raggiunto l’Arena di Verona Opera Festival[4]. Tutte cifre queste che, purtroppo, in Italia sia politici che opinione pubblica tendono a trascurare. Un settore, quindi, forse sottovalutato quello della musica dal vivo e dell’intrattenimento che di sicuro in questi mesi estivi ha vissuto una ripartenza radicale anche rispetto anche lo scorso autunno-inverno, periodo in cui il Consiglio dei Ministri aveva concesso il via libera per la riapertura delle attività culturali, sportive e ricreative, tra le quali anche di discoteche e locali notturni, bensì stabilendo rigide precauzioni. Tra queste possiamo ricordare gli obblighi: di capienza dei locali imposto al 50% nei luoghi chiusi ed al 75% per gli spazi aperti; dell’uso di mascherine in fila per i servizi, tra cui toilette e bar, ma non in pista da ballo perché equiparato ad attività fisiche al chiuso; di verifica del possesso del Green pass, sia per gli spazi al chiuso sia per quelli aperti, verificato dagli addetti alla sicurezza all’ingresso. A proposito di queste disposizioni Antonio Flamini, Presidente di Silb Roma (Associazione Italiana Imprese da Ballo e di Spettacolo) dichiarava come, nonostante le norme fossero state da tutti e tutte recepite e messe in pratica, rimanevano non poche le perplessità che le norme vigenti lasciavano agli addetti. Per questo motivo tutti uniti (o quasi) multinazionali ed indipendenti, hanno sollecitato l’allora Presidente del Consiglio Mario Draghi, affinché la ripartenza non avvenisse a step, bensì immediatamente al completo, come già accadeva nello stesso periodo in Paesi come Austria, Belgio, Canada, Danimarca, Francia, Inghilterra, Israele, Lettonia, Lituania, Olanda, Stati Uniti, Svizzera ed Ungheria[5]. Sia produttori di musica live che Associazioni di categoria (tra cui ad esempio Assomusica) invitavano, infatti, il Governo a riaprire col 100% della capienza, nel tentativo di risollevare un settore che era drasticamente finito in ginocchio.

Le ricerche dimostrano, però, come lo spettacolo dal vivo e l’intrattenimento siano stati i settori di attività più duramente colpiti dalle chiusure totali e dalle riaperture contingentate a causa della pandemia[6]. Il network Live DMA, sulla base dei dati raccolti presso i propri 2.600 membri, ha stimato che nel 2020 le strutture per la musica dal vivo europee abbiano perso, ad esempio, 1,2 miliardi di euro di ricavi a causa dell’annullamento o dello slittamento di almeno 284mila eventi e concerti. Cifre che portano a ritenere che ci sia stata una flessione del pubblico pari a 53 milioni di spettatori in meno, nonché un crollo del fatturato pari al 64% su base annua: dalla sola vendita di biglietti si sarebbero persi circa 496 milioni di euro e dalla mancata vendita di cibi e bevande la perdita dovrebbe aggirarsi attorno ai 521 milioni di euro. Tutto questo ovviamente si è tradotto in una riduzione del 70% di quanto corrisposto agli artisti oltre che in irreversibili licenziamenti e fallimenti[7].

La medaglia come sempre neanche in questa occasione non ha avuto solo una faccia. Durante questo periodo di epocali cambiamenti, infatti, si sono anche verificati casi di coloro i quali hanno approfittato della contingente pausa per gli eventi live per rivedere le proprie attività scoprendo, ad esempio, l’impatto positivo che le nuove tecnologie ed il digitale possono avere anche su questo settore. Molti del comparto musicale hanno, in primo luogo, recuperato consistenza grazie allo streaming audio e video, reso possibile dalla grandissima diffusione degli smartphone. Inoltre, c’è stato anche chi ha sperimentato altre formule di innovazione attraverso ad esempio i nuovi media: alcuni artisti hanno puntato a diventare influence o testimonial di produzioni mirate attraverso Istagram e Tik Tok[8]; altri hanno puntato sulla creazione di un loro canale Twitch, una piattaforma che si presta a monetizzare, sia attraverso la gente invia soldi direttamente, che attraverso l’uso di pubblicità commerciale[9]. C’è stato anche chi si è ripensato attraverso idee meno virtuali, ad esempio, come chi ha diversificato le proprie modalità di guadagno introducendo formule di vendita di merchandising oppure come il caso del gruppo degli addetti ai lavori legati a diverse società specializzate in produzione di eventi (Utopia, Zoo, Italstage e 3D Unfold), i quali hanno realizzato il progetto “Live Drive In” allo scopo di far assistere agli spettacoli ciascuno dalla propria auto, in spazi abbastanza larghi o mini-tribune separate, il tutto realizzato grazie all’utilizzo di megaschermi e palcoscenici dotati di generatori ad energia rinnovabile, di bagni auto-igienizzanti ed solo con l’uso di materiali ecosostenibili[10]. Eppure, dopo ben due lockdown alle spalle, riteniamo che la vera ripresa del settore ci sia stata quest’estate, in cui, finalmente, si è potuti tornati alla vera movida, ovvero a ballare e a divertirsi senza dover per forza stare seduti e senza nessuna distanza di sicurezza da mantenere. I numeri ed i fatti che abbiamo descritto, però, dovrebbero portarci ora ad insistere per fare un ben più importante e radicale cambiamento: bisognerebbe, cioè, iniziare a lavorare per far sì che gli italiani non considerino più irrilevanti cultura e spettacolo, magari facendo presente che l’arte e la musica, rappresentano una leva per l’aumento del benessere e dell’economia del nostro Paese.

Per completare l’analisi del tema dell’articolo abbiamo intervistato per voi due persone autorevoli impegnate nel settore della musica dal vivo e dell’intrattenimento:

Demetrio Chiappa, Presidente di Doc Servizi;

Francesca Martinelli, Direttrice – Fondazione Centro Studi Doc;

Edoardo Mazzilli, Imprenditore creativo, Event Manager e DJ.

1- Che ruolo riveste nella società il settore della musica dal vivo e dell’intrattenimento (sia a livello qualitativo che quantitativo ad esempio in termini di fatturato etc.)?

Demetrio Chiappa: “L’importanza di questo settore va ben oltre i numeri e le stime. Potremmo dire, infatti, che non si può vivere senza musica. La musica nella vita è vitale. Ognuno ha i suoi ritmi e la sua musica. Ed è per questa ragione che, sempre di più, la musica diventa uno strumento di marketing fondamentale anche per le aziende: ci sono aziende che si riconoscono, infatti, grazie ai suoni. Un esempio eclatante di questo è Netflix. Anche durante la pandemia la musica non si è arrestata. Perfino i balconi delle case sono finiti per diventare i palcoscenici in cui gli artisti hanno messo in scena i loro eventi musicali durante il lockdown. Quello che però molti trascurano è che l’industria della musica e degli eventi non è composta solo dagli artisti o dai tecnici della musica. Ci sono, infatti, tantissime figure collegate e necessarie, come il social media manager, i fotografi, l’ufficio stampa, e tanti altri ancora. In particolare, sono i creativi ad essere sempre più importanti per la vita di questo settore. I creativi ormai sono presenti in ogni ambito di impresa e della vita. La creatività è intrisa in tutti i settori dell’economia; per questo è tempo di eliminare la barriera che fino ad ora è esistita tra creativi e altri settori. Per non contare che l’Italia è sorta proprio sulle fondamenta della creatività”.

Francesca Martinelli: “Prima del 2019, la musica dal vivo impiegava circa 31 mila concertisti e orchestrali[11] e produceva all’incirca 1,5 miliardi di euro di volume d’affari[12]. Se consideriamo anche l’indotto, il volume d’affari si avvicinava ai 3,5 miliardi di euro[13]. Della musica dal vivo fanno parte la lirica, i concerti (classica, jazz, popolare), i concerti nei locali e all’aperto, tutte opportunità di socialità e arricchimento culturale che facevano parte della quotidianità degli italiani, abituati a spendere 72,5 miliardi di euro all’anno in attività di cultura e spettacolo, pari al 6,7% della spesa complessiva delle famiglie italiane nel 2019[14]”.

Edoardo Mazzilli: “In tutto il mondo il settore dell’intrattenimento e della musica dal vivo è importantissimo. Purtroppo in Italia non è considerato come all’estero per la sua importanza e la cosa sta peggiorando sempre di più.

2- Cosa hanno causato alle attività imprenditoriali di questo le disposizioni contro il diffondersi del Corona Virus?

Demetrio Chiappa: “La pandemia ha causato in molti casi il cambiamento del proprio lavoro per molti lavoratori del settore. Questo ha inevitabilmente portato alla chiusura di alcune imprese. Ma gli effetti per i nostri soci non sono stati solo negativi. Col nostro sostegno, ad esempio, molti sono riusciti a trovare lavori alternativi. Inoltre ci sono stati gli aiuti elargiti dal pubblico che hanno garantito un guadagno sicuro per durante i mesi del lockdown e della chiusura degli eventi dal vivo. Inoltre, degna di nota è stata la maggiore cooperazione che abbiamo visto esserci tra i nostri soci”.

Francesca Martinelli: “Com’è noto, l’impatto della pandemia legata al Covid-19 è stato particolarmente forte per i settori che basano la propria attività sull’organizzazione di eventi, com’è il caso della musica dal vivo. A causa delle chiusure obbligate e continue, il settore ha subito tra il 2019 e il 2020 una contrazione del 90% rispetto alla fruizione dei concerti dal vivo . Questa situazione ha portato a una perdita di 3/5 del fatturato, pari a circa 700 milioni di euro  nella musica live e a un terzo dei musicisti (32,5%)  che tra il 2019 e il 2020 ha smesso di lavorare nel settore, pari a circa 10 mila lavoratori in meno. Allo stesso tempo, la maggior parte dei tecnici dello spettacolo che ha lasciato il settore tra il 2019 e 2020 erano occupati nel settore della musica live, con un quinto che ha abbandonato per cambiare professione”.

Edoardo Mazzilli: “A me nello specifico la pandemia del Corona Virus ha causato moltissimi danni. In Italia però le conseguenze negative hanno riguardato più o meno tutti, e questo più che altri Stati perché c’è stata una vera e propria politica del terrore. Bloccando le attività da un momento all’altro non ci è stata data la possibilità di pagare i debiti che normalmente si fanno per mantenere le attività dei concerti e dei locali, come i fornitori. Questo è stato deleterio, non poteva succederci niente di peggio”.

3- C’è stato un miglioramento dopo le aperture della stagione autunno inverno dello scorso anno oppure le restrizioni minavano in ogni modo lo svolgimento delle attività culturali e ricreative?

Demetrio Chiappa: “La chiusura data dalla pandemia ha ovviamente generato momenti di grande tensione e drammatici. I primi a chiudere e gli ultimi ad aprire, e lo dico senza giudicare le scelte fatte perché è stato un periodo davvero complesso. E’ da considerare però che l’Italia viveva una situazione diversa da altri Paesi, poiché per esempio era stata la prima ad essere colpita dalla pandemia. Questo ha portato a dover fare scelte molto complesse, forse impopolari, che però dovevano essere fatte. C’è stato chi poi ha approfittato di questo periodo di vero trauma per commentare e criticare la politica. Ma i danni in verità ci sono stati ovunque e non si poteva fare di più di quello che è stato fatto”.

Francesca Martinelli: “Nonostante anche nel 2021 ci siano state numerose chiusure a causa della pandemia, le misure di contrasto alla stessa, quali zone colorate, allentamento delle misure di contenimento soprattutto nella seconda parte dell’anno e introduzione del green pass, hanno permesso di riprendere almeno parzialmente le attività nel settore. L’impatto della pandemia è restato però molto importante, perché le restrizioni sul numero di accessi, l’impossibilità di organizzare determinati eventi (es. concerti di grandi dimensioni o eventi come il Capodanno) e, per un certo periodo, anche di servire cibo e bevande durante i concerti, hanno pesato notevolmente sull’intero comparto, dimezzando ancora il fatturato delle imprese nel 2021 rispetto al 2019 e lasciando molti lavoratori a casa”.

Edoardo Mazzilli: “I miglioramenti con le aperture ci sono stati per forza di cose. Aprire è sicuramente meglio di dover tenere chiusi i locali e non poter fare eventi dal vivo. Il problema però è che non è stata una riapertura fatta con le dovute precauzioni, quindi, c’è chi ne ha goduto di più e chi di meno. In particolare, sono stati avvantaggiati coloro i quali avevano la possibilità di svolgere le loro attività grazie alla presenza di tavoli all’aperto. Molti locali, come il mio, che erano solo al chiuso sono stati penalizzati anche nel periodo delle riaperture rispetto a chi aveva un locale con aree esterne. La conformazione fisica della proprietà ha giocato, perciò, un ruolo determinante rispetto alla riapertura”.

4- Può citarmi dei casi in cui sono state realizzate innovazioni o miglioramenti alle attività imprenditoriali del settore approfittando del periodo di pausa dato dalla chiusura dei locali e degli eventi dal vivo?

Demetrio Chiappa: “Come doc Servizi durante il periodo di pandemia abbiamo deciso di profilare e mappare tutte le competenze e le skills dei nostri soci ed inserirle all’interno di un sistema informatico interno che ci permette di conoscere i nostri soci interamente. E’ così che abbiamo scoperto nuovi talenti ed abbiamo potuto ampliare le nostre offerte di servizi. Il nostro scopo è stato quello di far tesoro della crisi che abbiamo superato per non doverne più subire altre. Quella collegata alla diffusione del Covid-19, infattim, non è che una delle prime di una lunga serie che ci toccherà attraversare. Quello che abbiamo imparato è che il modello cooperativo può rappresentare un’importante leva per superare i momenti critici”.

Francesca Martinelli: “Il periodo di fermo ha portato il settore a dover ragionare su sé stesso e comprenderne meglio limiti e opportunità. Una delle innovazioni che ha portato il lockdown è sicuramente stata quella del digitale, un terreno poco percorso in precedenza ma che ha portato a nuove sperimentazioni, ad esempio, con locali e festival che hanno organizzato concerti in differita o che hanno sfruttato il web per creare nuovi legami con il pubblico. Quando gli eventi sono ricominciati, nuove tecnologie sono state introdotte anche per la gestione degli ingressi in modo da ammortizzare l’ulteriore costo di gestione legato al monitoraggio di green pass e assegnazione dei posti in modo da avere il giusto distanziamento. Oltre alla tecnologia, in assenza dei grandi concerti, abbiamo anche visto una maggiore diffusione di tipologie di eventi su piccola scala ma fortemente innovativi oltreché eco-compatibili, come percorsi nella natura con più performance o concerti pensati apposta per assistervi in bicicletta”.

Edoardo Mazzilli: “Io ho dovuto chiudere il mio locale durante la pandemia del Covid-19 e quindi non ho potuto fare miglioramenti o innovazioni”.

5- Questa estate abbiamo assistito alla riapertura dei locali notturni e la possibilità di realizzare eventi live. In che modo le attività dalla musica dal vivo e dei locali notturni hanno risentito di questi cambiamenti? Ci sono stati evoluzioni positive (ad esempio di fatturato, di impiego o altro)?

Demetrio Chiappa: “Il fatturato sta tornando al 2019. I miglioramenti sono stati tali da portarci a cambiare struttura ed organizzazione interna: ora siamo noi che portiamo lavori ai soci e non viceversa”.

Francesca Martinelli: “Sicuramente alcune forme di ottimizzazione per la gestione delle pratiche legate al Covid-19 sono state utilizzate anche per meglio gestire le attività imprenditoriali in seguito. Molti dei locali che sono riusciti a sopravvivere al terribile impatto della pandemia sono quelli che hanno differenziato la loro attività e stretto partenariati con altre realtà, creando reti. Ciò non toglie che la stagione estiva appena trascorsa sia stata molto complicata. La grande perdita di personale subita dal settore a causa della pandemia ha fatto soffrire molto il mondo della musica live portando a non poche difficoltà organizzative legate tanto alla carenza di personale quanto all’ingresso di nuovo personale meno qualificato del precedente. Nei due anni di pandemia è anche cambiato molto il modo in cui si fruisce della musica dal vivo, soprattutto da parte delle nuove generazioni, e gli imprenditori del settore stanno ancora analizzando i nuovi comportamenti”.

Edoardo Mazzilli: “In Italia tutti quelli che, al contrario mio, non hanno dovuto chiudere le loro attività durante il periodo di lockdown, hanno potuto riaprire senza nessuna condizione. Questo ha portato molto caos: pochi incassi, molte spese, bassa qualità delle offerte sul mercato, fattore legato alla mancanza di capitale da investire che non è stato possibile avere a causa del precedente periodo di mancato lavoro. In più, a differenza di quanto gli slogan della pandemia dicevano, non si è usciti dalla crisi migliori. La nuova organizzazione del settore della musica dal vivo e dell’intrattenimento è stata fatta, infatti, a ribasso, nel tentativo di colmare i mancati guadagni del periodo di fermo delle attività. Questo è accaduto sia dal punto di vista del ristoro, che dal punto di vista del costo dei biglietti, i quali hanno finito per lievitare drasticamente, così come è successo per il costo degli artisti e delle agenzie. Inoltre, ritengo che il pericolo sia ancora dietro l’angolo. Ora, infatti, che è estate tutti e tutte hanno voglia di uscire e vivere gli eventi e i locali aperti, ma sicuramente ci sarà un altro periodo di chiusura che ci mostrerà chi sopravvivrà anche a questo e chi no. Il problema vero è che, spesso, chi ce la fa non è detto che rimanga sul mercato perché è bravo. A volte sopravvive chi semplicemente ha maggior capitali da investire rispetto ad altri. Questa pandemia sta, quindi, portando a galla moltissime ingiustizie, evidenziando quelle che già esistevano e creandone di nuove. Tutto è in particolar modo legato ai i soldi: persone validissime non potranno più rimettersi in piedi nonostante le loro capacità, come nel mio caso, che ho dovuto chiudere un locale in cui avevo investito tutto. Molti posti speciali hanno vissuto la mia stessa brutta sorte e purtroppo non apriranno più portando una perdita anche alla nostra società”.

6– In che modo Doc Servizi si è mossa per tutelare le imprese, nonché i lavoratori e le lavoratrici di questo settore? Ha messo in pratica qualche buona pratica che può citare?

Demetrio Chiappa: “In generale posso dire che è stata dimostrata l’importanza di essere organizzati e di avere al nostro interno competenze professionali elevate sia per quanto riguarda il rapporto tra le persone, i bilanci di competenza, le analisi dei business plan, etc.

Nonostante questo, però, continuiamo ad essere caratterizzati da una gestione orizzontale e soprattutto dall’investimento sulle persone, sui soci, sulle loro competenze e professioni e sulle loro passioni oltre che sulle loro capacità. E’ per questo che facciamo molta formazione al nostro interno”.

Francesca Martinelli: “Ora che ci troviamo a freddo rispetto allo scoppio della pandemia possiamo dire che Doc Servizi ha risposto con prontezza alla difficile situazione. La sua risposta si è divisa principalmente in tre azioni. La prima è stata il sostegno all’azione di lobby della Fondazione Centro Studi Doc a favore dei lavoratori dello spettacolo, che è diventata involontariamente uno dei loro portavoce presso il governo italiano dopo aver lanciato la petizione “#nessunoescluso Appello urgente per sostegno ai lavoratori dello spettacolo”. L’attività di lobby ha portato al riconoscimento dei bonus per i lavoratori dello spettacolo, per un totale di 80.000 persone che hanno ricevuto dal Governo 640 milioni di euro. La seconda è stata l’azione come rete di sicurezza per i lavoratori dello spettacolo, supportandoli attraverso assistenza h24, opportunità di formazione, informazione costante sull’evoluzione delle normative, profilazione delle competenze per capire se i lavoratori potessero essere ridirezionati in settori meno colpiti dalla crisi. La terza azione invece è stata un’importante revisione dell’organizzazione interna per reagire prontamente agli effetti della crisi che ha portato a rivedere l’intero organigramma funzionale con l’introduzione di nuove figure, nuovi progetti e nuovi strumenti per la gestione al meglio delle attività”.

7- Rispetto alle altre imprese del settore le cooperative socie di Doc Servizi come hanno reagito al periodo Covid-19 e post restrizioni?

Demetrio Chiappa: “La profilazione i soci ci ha permesso di comprendere meglio le competenze di ciascuno dei nostri soci e confrontarle con gli altri ambienti. Grazie a questo importante lavoro abbiamo, quindi, cercato di indirizzare le persone a lavorare in altre situazioni in cui poteva servire il loro intervento. In questo modo siamo riusciti a mantenere le persone al lavoro nonostante il periodo di pausa. Ed oltre il lavoro per i nostri soci abbiamo lottato per garantire più tutele per tutti e tutte. Gli intermittenti dello spettacolo, infatti, non erano figure conosciute dal governo, il quale ignorava prima perfino quanto fosse grande il bacino di utenza dello spettacolo. I nostri soci si sono sentiti protetti da Doc Servizi e così anche i collaboratori. Questi ultimi, infatti, non sono stati licenziati ma messi in cassintegrazione. Grazie a questa scelta oggi, con la ripresa del settore, abbiamo potuto rintegrarli tutti. E finalmente siamo felici del fatto che stiamo tornando a fare grandi numeri non solo in termini di eventi, ma anche in termini di fatturato”.

Francesca Martinelli: “A causa degli effetti da pandemia Covid-19, nel corso del 2020 la Rete Doc nel complesso ha perso il 52% del fatturato rispetto al 2019. Ovviamente la cooperativa che ha sofferto di più è stata Doc Servizi, dato che opera nello spettacolo e nel turismo, con una perdita del 60% rispetto al 2019. Operando prevalentemente nel settore spettacolo ed eventi, hanno sofferto un calo di fatturato attorno al 24% anche le cooperative STEA, che gestisce la sicurezza negli eventi, e Doc Educational, dedicata al mondo dell’insegnamento delle materie artistiche e della formazione, le cui difficoltà sono però state mitigate dalla possibilità di effettuare lezioni anche in modalità videoconferenza. In controtendenza invece l’attività delle cooperative Doc Creativity e Hypernova dato che i soci lavorano nell’ambito del digitale e delle nuove tecnologie, che hanno visto una crescita attorno al 2,5%. In sintesi, si può dire che il sistema ha tenuto perché le cooperative meno orientate verso il settore dello spettacolo e degli eventi hanno risentito in misura molto inferiore della crisi pandemica, registrando nel 2020 flessioni di fatturato relativamente contenute, e hanno potuto così sostenere le realtà maggiormente colpite dagli effetti della pandemia”.

Elisa Badiali

[1] http://www.irpet.it/wp-content/uploads/2022/04/nota-1_2022-osservatorio-regionale-della-cultura.pdf
[2] http://www.centrostudidoc.org/2020/02/14/tra-i-3-e-i-5-miliardi-limpatto-del-sommerso-nella-musica-live-secondo-il-centro-studi-doc/
[3] https://www.rockit.it/articolo/tutti-numeri-crisi-mercato-musicale-qualche-idea-ripartire
[4] https://www.symbola.net/approfondimento/musica-covid19/
[5] https://www.rockit.it/articolo/musica-dal-vivo-tempo-gradualita-purtroppo-finito
[6] http://www.irpet.it/wp-content/uploads/2022/04/nota-1_2022-osservatorio-regionale-della-cultura.pdf
[7] https://businessweekly.it/notizie/concerti-e-musica-dal-vivo-i-numeri-dellimpatto-covid/
[8] https://www.symbola.net/approfondimento/musica-covid19/
[9] https://www.symbola.net/approfondimento/musica-covid19/
[10] https://www.symbola.net/approfondimento/musica-covid19/
[11] INPS.
[12] SIAE.
[13] elaborazione su base di calcolo indotto CERVED, pari 1,2 euro per 1 euro.
[14] Federculture.