“Cosa c’è in un nome? Ciò che chiamiamo rosa anche con un altro nome conserva sempre il suo profumo” (Giulietta: atto II, scena II).
Non metto certo in dubbio il valore degli insegnamenti dei classici, ma William Shakespeare non poteva prevedere una delle più importanti regole del marketing che smentisce questa sua intramontabile citazione: nome e logo, infatti, sono due componenti essenziali.
Ed è stata con questa consapevolezza che scelsi il nome e il logo: PoT.
Un semplice nome che ora per me rappresenta un vero e proprio mantra.
P.o.T. è l’acronimo di People of Talent
La parola talento deriva dal greco “Talentum”, ovvero l’unità di misura di massa e peso corrispondente a 60 mine e a 6000 dramme. Il suo significato più noto della parola talento nel corso degli anni la fa corrispondere alla moneta di conto utilizzata nella antica Grecia ed in Palestina.
Nella “Parabola dei talenti”, tratta dal Vangelo Secondo Matteo, i talenti venivano raffigurati come i doni che Gesù distribuisce ai servi del Signore, gli esseri umani. Ai giorni nostri, invece, il talento viene definito come “complesso di doti intellettuali, capacità, bravura e ingegno”.
Una spiegazione più ampia che può meglio descrivere, a mio avviso, cosa significhi la parola talento, è quella che la indentifica come quel processo creativo grazie al quale possiamo mettere in pratica la nostra vocazione ed il nostro potenziale.
La “Teoria della Ghianda”, tratta dal libro “Il codice dell’anima” di James Hillman e pubblicato nel 1996 da Adelphi, può aiutarmi a chiarire cosa intendo quando utilizzo i concetti quali vocazione e potenziale in relazione al talento. Lo psicologo junghiano, infatti, sostenne che: “Ogni individuo fin da bambino è come una piccola ghianda, racchiude in sé tutte le potenzialità sufficienti per poter crescere e diventare un maestoso albero di quercia”. Il nostro potenziale, quindi, rappresenta l’insieme delle qualità del carattere che contraddistinguono ognuno di noi, ma che ancora non si traduce in potere, come se rimanesse sullo sfondo, sopito. Tutti noi nasciamo con una dotazione che ci caratterizza e che potenzialmente è sviluppabile per compiere azioni e per esprimerci in maniera ottimale.
Tale dotazione varia da individuo a individuo per influenza di fattori genetici ed evolutivi. Secondo questa teoria, quando la vocazione si palesa, quando le condizioni contestuali e quando la volontà soggettiva sono idonee, è essa stessa che chiama a raccolta le potenzialità caratterizzanti l’individuo affinché vengano allenate e sviluppate attraverso l’azione, dando origine a quelle competenze o abilità che daranno piena espressione al talento.
Il talento, in questo senso, rappresenta il bene prezioso che può portare un individuo alla piena realizzazione di se stesso attraverso l’attribuzione consapevole di senso e significato alle azioni che compie. Tali azioni, guidate da una forte motivazione intrinseca e consapevole, frutto di un intenso sforzo ed impegno costante, con l’influenza dell’ambiente sociale, relazionale e fisico in cui si vive (che può essere talvolta favorevole talvolta limitante), danno origine a prestazioni, prodotti o effetti che sono l’espressione massima e concreta del potenziale di cui ognuno è portatore.
Sono dunque la creatività, la consapevolezza e la capacità gli ingredienti che compongono ciascun talento. Immagino il talento come un’energia ciascuno ha dentro di sé, che non si esaurisce con il passare degli anni, che non ha un’età anagrafica e che non va mai soffocata, che ci può condurre all’auto-realizzazione. Come una forza, una risorsa più o meno nascosta, che ogni giorno ci dice che abbiamo sempre una possibilità. Ecco perché il talento può essere considerato come il nostro tesoro più prezioso.
Ed ecco perché dovrebbe essere facile comprendere come, nel momento in cui mi sono trovata a dover decidere quale dovesse essere il nome ed il logo che avrei attribuito alla mia società che si sarebbe occupata di supporto all’imprenditorialità creativa Made in Italy, mi fu subito chiaro che la scelta migliore fosse P.o.T. ovvero People of Talent!
A questo punto occorre, però, che faccia un’importante precisazione. Se è vero che tutti noi abbiamo un talento, qualcosa di speciale, un potenziale che esiste in ciascuno di noi, virtù da realizzare, allo stesso tempo esiste una netta e sostanziale differenza: alcuni lo coltivano, mentre altri lo sottovalutano, trascurandolo.
Non è casuale che in inglese la parola PoT tradotta in italiano significhi vaso
Sono fermamente convinta, infatti, che il talento sia come un seme pronto a germogliare. Un seme che riguarda il saper essere, ovvero la forza del carattere, che aspetta di poter essere tradotto in nuovi comportamenti, nuove risorse. Più questo seme verrà annaffiato, giorno dopo giorno, più
potrà crescere e diventare forte. Idea che ritroviamo nelle parole nel Vangelo di Matteo che recita: “Il talento è un dono ricevuto da
rendere produttivo”. E nell’aforisma popolare di Thomas A. Edison, che sostiene: “Il genio è 1% ispirazione, 99% sudore”. Da entrambe le lezioni ne possiamo, dunque, trarre l’insegnamento per cui sta solo a noi la scelta di liberare l’opera d’arte che custodiamo dentro.
Il talento, perciò, interpretato come dote particolare, concretamente visibile nel risultato eccellente di prestazioni di tipo operativo-produttivo oppure relazionale, non può esistere senza che vi sia un allenamento, un impegno, uno sforzo sistematico e volontario, atto a sviluppare le potenzialità trasformandole in competenze sempre più performanti e di livello. Sono convinta, inoltre, che la questione più importante, laddove il talento viene concepito come risultato di un processo di espressione creativa della vocazione e delle potenzialità di ciascuno, sia comprendere come, solo grazie all’utilizzo di una intelligenza emotiva e di un approccio anch’esso creativo, sia possibile mettere a fuoco ed illuminare il talento di ciascuno. I migliori risultati in questo senso, infatti, possono arrivare solo se liberi, indipendenti dai condizionamenti e preparati per agire verso l’obiettivo definito.
Se per alcune persone questo approccio risulta più facile, per altri non è così naturale. Sono molteplici i fattori che possono ostacolare questo processo, a partire dall’ambiente che ci circonda, fisico o relazionale, dalla volontà di attivarci ed impegnarci, dal timore del giudizio di chi ci sta attorno. E questo vale sia nella vita quotidiana che in ambito professionale.
Uno dei nemici più pericolosi per il talento credo sia la mancanza di autostima. Una bassa autostima, infatti, blocca sul nascere qualsiasi possibilità di riuscita, poiché non porta a mettersi in gioco per paura di non farcela. Per essere persone di talento l’ingrediente principale è credere in noi stessi e nelle nostre capacità. Solo quando crediamo in noi la nostra vocazione ed il nostro potenziale sono nelle condizioni di poter emergere.
Sei tu la migliore versione di te stess*
Il talento è la potenza in atto, la realizzazione della nostra intelligenza embrionaria. E’ quel qualcosa di veramente unico che ognuno di noi sa fare e può fare. Ne consegue che non esiste un solo tipo di talento. E che ciascun talento diverso è ciò che ci distingue dagli altri. Ognuno ha una propria vocazione, che associato ad un processo creativo può portare alla piena espressione di sé stessi. Il talento, oltre ad essere unico, è anche non trasferibile. Ne deriva che è insensato paragonare i nostri talenti a quelli degli altri, poiché ciascuno custodisce un’essenza speciale che non può essere replicata. E credo che oggi, sempre di più anche in Italia, i parametri utilizzati nella ricerca del talento siano sempre più elementi quale: non convenzionale; non ordinario, unicità,
genuinità, passione, etc.
Desidero diffondere e promuovere l’idea per cui diversità è bellezza. E che, come diceva il mito Coco Chanel, “Per essere unici bisogna essere diversi”.
Credo di non essere sola a pormi questo obiettivo che potrebbe risultare utopico. Grazie a studi sociali ed economici da me condotti a livello nazionale e ancora di più internazionale ho potuto constatare, infatti, come sia in corso una vera e propria rivoluzione, una nuova tendenza sembra intenzionata a premiare la creatività, a prescindere dagli ambiti in cui essa di esprime (la moda, il beauty, il design, lo spettacolo, il cibo, etc.). Perfino quelli che fino ad ora sono stati visti dal mondo dell’industria culturale e della moda, come difetti e limiti, al contrario possono rappresentare dei veri e propri punti di forza e dei plus, in chiave di bellezza e personalità. La diversità è cool.
Declinata in tutte le sue forme. Diversità rispetto ai canoni estetici che ci inchiodano a modelli stereotipati e irraggiungibili, facendoci sentire sempre inadeguati. Diversità come pluralità di facce, di colori, lingue, credo, culture. Diversità come emotività e intuizione, creatività e fantasia, cioè la complessità del fattore umano contro l’algoritmo delle macchine. Diversità come capacità di uscire dai binari e andare dove ci pare, anche se i cartelli indicano un’unica direzione, seguendo solo la voce del cuore. Un tema chiave questo, che non considera i difetti come caratteristiche da nascondere ma, al contrario, come punti di forza da mettere in primo piano.
Come Fondatrice desidero che la PoT faccia parte dei pionieri che in Italia credono e lottano per l’affermazione di questi valoro a livello sociale, culturale, occupazione ed economico.
E’ questa constatazione mi ha portato alla scelta dello slogan da me ideato con lo scopo di comunicare e rendere espliciti quanto più possibile i valori alla base della PoT: l’inclusione sociale e la valorizzazione delle differenze.
“As you want to be”
Il paradigma fondato sull’inclusione rappresenta, infatti, l’evoluzione delle politiche per le pari
opportunità e della responsabilità sociale d’impresa.
Con il concetto di Social Innovation si intende:
1- un cambiamento nel modo di fare le cose, un’interruzione rispetto alle soluzioni generalmente utilizzate, innovativa perché più efficiente ed efficace;
2- un processo di innovazione e creatività capace di creare nuovi saperi, prodotti, strumenti, servizi e forme organizzative
3- un percorso di creazione di nuove collaborazioni e relazioni. La Social Innovation prevede l’utilizzo di forme di innovazione e creatività tipiche di una collettività e non di un singolo individuo. I suoi risultati sono, quindi, il frutto processi di condivisione, co-adaptation e dialogo;
4- una risposta costruttiva a problemi di ordine economico e sociale, capace di trasformare i principi teorici nella ricerca pratica della prosperità delle comunità, secondo una visione di sviluppo sostenibile e responsabile, con la finalità etica di creare e raggiungere le condizioni per un
benessere minimo universale ed una cittadinanza inclusiva.
In base a questa lista, che spero possa essere il più possibile esaustiva e chiara, per spiegare in breve un concetto così complesso, mi sento legittimata ad affermare, che la Social Innovation sia un elemento che contribuisce al miglioramento degli individui e delle comunità.
Come sostiene Andrea Notarnicola, all’interno del suo libro “Global Inclusion. Le aziende che cambiano: strategie per innovare e competere”, anche sul fronte della razionalità economica e sulle decisioni in ambito di business, la valorizzazione delle differenze riveste un ruolo centrale, poiché, il paradigma fondato sull’inclusione rappresenta l’evoluzione delle politiche per le pari opportunità e della responsabilità sociale d’impresa. Orientarsi in base ai principi che si ispirano alla Social Innovation rappresenta, quindi, un modo concreto per dare risposta alle difficoltà in termini economici ed occupazionali, tentando di risolvere i problemi organizzativi ed aziendali.
E’ secondo questa logica che la traiettoria delle azioni quotidiane intraprese dalla PoT Agency sono dirette in base alle indicazioni della bussola della Social Innovation.
Per questo, la PoT Agency adotta un approccio innovativo ed inclusivo per lo sviluppo ed il miglioramento dell’imprenditorialità nel settore dell’industria creativa Made in Italy.
Diversity e Inclusion
Uno degli elementi di innovazione sociale è rappresentato in PoT Agency dalla promozione di una cultura della valorizzazione delle differenze, adottando una prospettiva inclusiva verso la diversità.
Lavorando all’interno del settore creativo, ho compreso che, per contribuire e per diffondere le teorie e le pratiche della valorizzazione della differenza e una cultura dell’inclusione, il contributo della PoT doveva avvenire partendo dalla revisione del concetto di bellezza che ha dominato la scena e il panorama dell’impresa creativa italiana e, in generale, la cultura dominante main-stream.
I canoni estetici che fino ad ora sono arrivati al pubblico attraverso i mass media, sono stati imposti quasi come regole. Ci hanno abituati ad avere una visione del mondo influenzata da ciò che agli occhi appare perfetto. Un’ossessione per la perfezione fisica che ha intrappolato, e diviso, in particolare le donne moderne in un ciclo senza fine di disperazione, autocommiserazione e disagio.
Una condanna per sforzarci ad essere ciò che non siamo. Il modello che la maggior parte delle donne oggi insegue, infatti, è quello di un corpo che non esiste, continuamente ritoccato e maneggiato a livello tecnologico.
Gli studi di mercato dimostrano come le consumatrici di oggi risultano, però, sempre più stufe di sentirsi dire dalle pubblicità e dalle aziende come devono apparire, iniziando a coltivare la sensazione che siano gli stessi brand a tentare di abbattere la loro autostima piuttosto che vendere il
prodotto.
A differenza degli anni ottanta, in cui veniva celebrata la ricchezza, il lusso e l’inacessibilità della bellezza, oggi le persone sono attratte da ciò che arriva, perché e simile a ciò che loro sono, che li rappresenta. Allo stesso tempo desiderano ascoltare storie positive, rassicuranti, capaci di spronare il nostro essere ad andare avanti. La tendenza attuale è quella premiare una creatività, che sia questa declinata attraverso la moda, il beauty, il design o lo spettacolo, che sia per tutti. “In un mondo di cambiamenti continui, complesso per interconnessioni e interdipendenze, la varietà delle storie personali fa la differenza”. Secondo le parole di Maura Cantatore, della storica model agency Why Not, specializzata da ormai quasi mezzo secolo in modelle cosiddette “editoriali”, ovvero fuori
canone, quella a cui stiamo assistendo è una vera e propria “evoluzione della moda.
Dal dominio della bellezza classica si è passati all’era della personalità. Alle protagoniste delle campagne di moda oggi si chiede di avere una storia da raccontare, un percorso da esibire: da dove arrivano e cosa hanno fatto per diventare quello che sono. Al brand interessa veicolare anche un contenuto: non solo il capo, ma anche chi lo indossa e perché. Un volto senza storia, solo bello, non basta più”.
Quello che ho osservato dai miei studi condotti a livello nazionale e ancora di più internazionale, è che è in corso una vera e propria rivoluzione culturale, e la PoT Agency desidera farne parte.
E’ secondo questa visione che la PoT Agency si pone lo scopo di promuove l’armonia, l’importanza della cura del sé, del sentirsi bene, in primis con se stessi.
Il lavoro che svolgo, quindi, è una vera e propria attività di promzione dell’inclusione e valorizzazione delle differenze, che mira ad accrescere l’autostima e la fiducia in se stessi, attraverso la creazione di reti e legami e la costruzione di una community che persegua questi principi, nel tentativo di riuscire a immaginare la diversità o peculiarità come punti di forza, secondo l’idea che, come ha scritto il famoso scrittore Murakami: “Un certo tipo di perfezione si
può raggiungere solo accumulando infinite imperfezioni.
Perché chi dice PoT dice Top!